scialpinismo in Turchia
- posted in: scialpinismo
- / with 2 comments
“Ci torneresti in Turchia?”
“Assolutamente si”.
Finisce così la nostra ultima giornata di sci in terra turca, sul monte Erciyes, 3916m, la montagna più alta dell’Anatolia centrale.
La Turchia non era programmata a dire la verità, e fino a due settimane prima della partenza non era neanche in previsione. Marco aveva sentito Recep (si legge rejep), il proprietario e gestore dell’Aladaglar Camping Bungalow e a metà marzo non sembrava esserci molta neve, cosa che avrebbe reso difficile sciare in aprile. Se non che, una bella perturbazione ha nuovamente innevato le montagne del parco naturale del Aladaglar ed ecco che ci troviamo a prenotare i biglietti.
Siamo entrambi super felici di andare in Turchia, un po’ perché finalmente risaliamo su un aereo per andare all’estero, o almeno un po’ più in la degli stati limitrofi, e un po’ perché l’idea di sciare in Turchia ci piace un sacco. E poi, davvero si scia in Turchia?
Ebbene si. E contro ogni aspettativa, di paesaggio e di temperatura, siamo arrivati la notte del 12 aprile mentre sul paesino di Marti Mah nevicava. E faceva pure un freddo becco!
Al mattino rimaniamo subito a bocca aperta. Davanti a noi abbiamo un colosso montuoso davvero vasto, con cime che vanno dai 3400 ai 3700 metri. Dormiamo a 1500m, in un ambiente che ha del “piatto/collinare” ma che si affaccia di fronte a queste montagne imponenti, dal colore rossastro e dalla conformazione vagamente dolomitica.
Il nostro bungalow è piccolo e accogliente, e grazie ad una stufa a legna, anche molto caldo. Carichiamo gli sci e ci dirigiamo nel parco, dove lasceremo la macchina prima di iniziare il portage. La nostra prima meta sarà il monte Alaça (si legge alaja) con i suoi 3565m.
Iniziamo a pellare a poco meno di 1800m. Avevamo deciso di prendercela easy oggi come primo giorno ma abbiamo subito capito “il taglio del prato”. Qui di veloce e breve non c’è nulla 😉 22km di sviluppo e 1700 di dislivello, così per acclimatarsi per bene!
Il paesaggio è da togliere il fiato. Avevamo visto tante foto prima di partire ma – e qui pecca dei vari “fotografi” – nessuna immagine rendeva neanche lontanamente giustizia del vero fascino del posto.
Saliamo nella Parmakkaya valley, famosa per il suo monolite che appare come un mix tra il Campanil Basso se visto lateralmente, e la guglia di Goloritzè se visto da dietro.
Davanti a noi ci sono Federico e Manu. Federico è una guida piemontese e Manu un suo amico neozelandese. Con loro condivideremo poi la gita del giorno seguente, sul monte Emler, con i suoi 3723m.
Una cosa è certa: che in Turchia bisogna arrivare con le gambe belle allenate! Scendendo ci godiamo la polverella depositata dalla perturbazione della notte prima. Tra foto video e contemplazione generale di questi luoghi selvaggi arriviamo nel fondo valle che sono quasi le quattro. E giusto perché ho appena detto selvaggi, dopo pochi passi notiamo tra gli alberi qualche animale che fugge. Ci è bastata una frazione di secondo per riconoscere che erano 4/5 lupi.
Il giorno successivo partiamo alla volta dell’Emler, nella Karayalak valley, assolutamente non meno affascinante della Parmakkaya. Parcheggiamo le nostre macchine il più in alto possibile (si, anche oggi si prevedono altri 1700m D+ elastici) e ci addentriamo tra queste pareti di solida roccia rossa.
Siamo solo noi quattro (e una marea di impronte di lupi) in tutta la vallata. Sono in sintonia con Marco nel pensare che in questi luoghi sia bello condividere la gita con altre persone. Ci guardiamo intorno in cerca di una compagnia, almeno visiva. Ognuno sale con il proprio ritmo e ci ritroviamo nell’ultimo tratto prima della cima. Non saprei dire quale delle due gite mi sia piaciuta di più, ma con certezza posso dire che il firn sciato qui fosse uno dei più belli, non solo della stagione, bensì dì sempre. Velluto morbido e compatto con una regolarità degna di un tessuto uscito da una sartoria d’alta moda.
Manu, oltre ad avere una grande passione per lo scialpinisno, scopriamo avere anche una grande passione per il cibo locale. Ci rechiamo così nel vicino villaggio di Çamardi (si legge shamardi), in cerca della loro “pizza locale”, il Pidé. Ed ecco che ci si apre un nuovo mondo, oltre a quello delle montagna turche. La loro pizza è spaziale, anche solo con il formaggio (marco ed io siamo vegetariani), e va giù che è un piacere. Nulla da invidiare alla nostra pizza, nel sapore, in leggerezza, e tanto meno nelle dimensioni, che si sa, dopo 1700m contano ancora di più 😉
Camminiamo tra i negozi, pere lo più piccoli market e alimentari in cerca di frutta e verdura. Le persone sono gentili e ci sorridono. Chissà cosa penseranno di noi vedendoci vestiti da sci. Ci piacerebbe poter comunicare con loro ma la lingua è un ostacolo davvero non indifferente. Trovare qualcuno che parli inglese non è affatto scontato, e dunque ringraziamo il sig. Google Translator per averci fatto compagnia durante tutto il viaggio. Senza di lui non ce l’avremmo proprio fatta!
All’Aladaglar Camping Bungalow c’è una cucina comune dove gli ospiti se vogliono possono cucinare le proprie pietanze. Abbiamo portato della pasta da casa, che cucinata con il sapore delle loro spezie e delle verdure locali sembra ancora più buona.
C’è anche la possibilità di farsi cucinare del cibo turco da Recep, cosa che faremo la cena successiva, e questo sarà il miglior cibo turco che avremmo mangiato in dieci giorni.
Recep e sua moglie Zeynep sono di Istanbul. Due appassionati climber che, dopo aver scoperto la zona dell’Aladaglar e le sue potenzialità più di venti anni fa, hanno deciso di lasciare la metropoli per venire a vivere in questo piccolo villaggio. Recep ci racconta la sua storia. Io ascolto e intanto cerco di immaginarmi cosa possa voler significare vivere in una città che, all’epoca, contava 12 milioni di abitanti e passare ad un paesino dove forse si arriva giusto a qualche centinaia. Passione, determinazione, tanto desiderio di cambiare la propria vita, migliorandola e cercando di realizzare i propri sogni.
Nel 2002 Recep e Zeynep lasciano tutto ciò che avevano ad Istanbul e si trasferiscono a Cukurbag. Si dedicano all’arrampicata e ad aprire nuove linee nel vicino Kazikli Canyon ed in altre aree limitrofe. Ci racconta che inizialmente la roccia non gli sembrava troppo sana, e quindi avevano abbandonato il progetto di chiodatura fino a che personaggi come Maurizio Oviglia e Rolando Larcher sono venuti a conoscenza di questi luoghi, aprendo la più difficile via classica in Turchia. E da qui inizia un’amicizia nonché un’opera di valorizzazione della zona dal punto di vista arrampicatorio.
Recep inizia a chiodare e ad oggi si contano più di 300 vie sportive.
Nel 2007 nascono, direttamente dalle mani di Recep, i primi bungalow dove lui e Zeynep ospitano gli appassionati climber.
Ormai da venti anni in Aladaglar, Recep ci confessa come il Kazikli Canyon venga da lui considerato come la loro seconda casa.
Se state leggendo questo articolo, e siete arrivati fino a qui, non dimenticate di andare a vedere la gallery delle foto perché ne vale davvero la pena.
Fede e Manu sono tornati a casa. Al camping arrivano altri ospiti ma nessuno munito di sci.
Siamo indecisi sul da farsi, tante opzioni, tutte lunghissime, e nel frattempo il meteo, che inizialmente era più che invernale, sta bruscamente diventando primaverile alzando le temperature. Le partenze vanno drasticamente anticipate. Torniamo in quella che abbiamo soprannominato “la valle dei lupi”, dove invece che girare nella valle di Parmakkaya proseguiremo dritti, direzione sud/est. Il pro ed il contro di questo posto è che non ci sono molte info, anzi. Lo stesso Fatmap non ti da nemmeno il nome delle cime che ci circondano, o comunque, non di tutte, quindi andiamo un po’ a vista. Non sappiamo il nome dell’anfiteatro dove siamo arrivati, ma se pensavamo che il firn dell’Emler fosse dei migliori, non avevamo ancora sciato sopra questo. Si vola! La qualità della neve ci fa dimenticare di essere partiti senza una vetta precisa in mente, e torniamo ancora una volta alla macchina con il sorriso.
La cosa bella della Turchia è che quando non va il piano A, ossia sciare, c’è sempre il piano B, scalare, e anche il piano C, che prevede di andare a visitare un po’ di cultura locale.
Dopo aver sfruttato appieno la finestra di bel tempo, la bella neve e le temperature perfette per lo scialpinismo abbiamo deciso di andare a mettere le mani su questa roccia turca. E che dire, sarebbe stato meglio arrivarci con il callo di fine stagione e anche con un po’ di pompa negli avambracci 😉 la roccia è super abrasiva, nel Kazikli Canyon c’è un mix di calcare e conglomerato. La luce del tramonto incendia le parerti e fa risaltare ancora di più le imponenti montagne sullo sfondo. Tutto questo a pochi chilometri dal camping.
Con un po’ di tristezza ma forti anche della convinzione di voler tornare in Turchia abbandoniamo la zona dell’Aladaglar per mettere in atto il piano C: visitare la Cappadocia. Guidiamo fino a Goreme in mezzo ad una tempesta di sabbia e vento con raffiche quasi fino a 100km orari. Mi sa che ci toccherà tornare anche per vedere le famose mongolfiere. Le cittadine di Goreme e Uchisar sono da vedere almeno una volta nella vita. Cumuli di tufo modellati dalla lava sono diventati sedi di lussuosi “cave hotel” e ristoranti. Le vallate che circondano Goreme sono uno spettacolo naturale, con queste formazioni chiamate “camini delle fate”. Passiamo la giornata nei sentieri che vanno da un villaggio all’altro, prima di guidare in direzione di Kayseri, dove siamo atterrati oramai una settima fa, per andare a fare un’ultima sciata sul vulcano dell’Erciyes.
Ai suoi piedi ci sono degli impianti e degli hotel. Incredibile che dalla città di Kayseri, che conta oltre un milione di abitanti, si arrivi agli impianti con una superstrada, fino a 2200m.
Partiamo presto perché Fede e Manu, che sono stati qui prima di noi, ci hanno detto che è facile che l’Erciyes metta il capello prima di pranzo. La temperatura è ottimale, intorno allo zero. Partiamo immersi nelle nebbie ma speranzosi di vedere l’azzurro il prima possibile. I giorni prima ha fatto brutto tempo e ha tirato anche molto vento. Con grande piacere vediamo il cielo aprirsi sopra di noi e iniziamo a sentire la neve fresca sotto a i nostri sci. Nonostante la vicinanza degli impianti l’Erciyes si presenta solitario e coperto da un bellissimo strato di neve fresca. Salendo per uno dei canali che porta verso la cima ci pregustiamo già la discesa che ci aspetterà. Dobbiamo battere traccia e non siamo proprio velocissimi. Nel frattempo le nuvole che fino ad ora erano rimaste basse stanno incominciando a salire velocemente e in men che non si dica ci troviamo in mezzo alla nebbia e con una cappa di caldo potente. A malincuore sappiamo qual è la decisione giusta da prendere. A meno di 200 metri dalla cima torniamo indietro. Il caldo è diventato importante, la combinazione di neve potenzialmente ventata sopra di noi insieme al caldo non è delle migliori. Aggiungiamoci anche la nebbia ed il gioco è fatto. Quella che era prima una neve polverosa si è fatta pesante in soli 20 minuti.
Riusciamo comunque a fare delle belle curve e, di tanto in tanto, quando si riaprono le nuvole per qualche secondo, guardandoci alle spalle, siamo in grado di apprezzare il luogo dove ci troviamo.
Ci sediamo su un masso nel pianoro sopra l’arrivo degli impianti. Beviamo qualcosa e tiriamo le somme di questo viaggio in Turchia. È andato tutto alla grande. Abbiamo avuto il piacere di conoscere Recep e la sua affettuosa e sincera accoglienza nell’affascinante Aladaglar. Abbiamo incrociato Fede e Manu ed è stato bello condividere con loro anche solo quei pochi giorni, ci siamo gustati alla grande il cibo ed una piccola parte, di quello che abbiamo potuto cogliere, della cultura turca. Ed ultimo ma non per minore importanza, abbiamo potuto apprezzare la neve e la roccia di questi luoghi tanto tanto selvaggi quanto veri.
E qui la domanda: “ci torneresti in Turchia”?
“Assolutamente si”.
Se veramente come noi, vorreste venire (o tornare!) in Turchia mandateci una mail ad avventuriamocitutti@gmail.com. Per la prossima stagione invernale Marco organizzerà un viaggio di scialpinismo prendendo spunto dalla bellissima avventura appena vissuta.
ENG.
“Would you go back to Turkey?”
“Absolutely yes”.
As all good things come to an end so did our last day of skiing in Turkey, on Mount Erciyes, 3916m, the highest mountain in central Anatolia.
To be honest Turkey was not planned, and up until two weeks before the departure we had not organized anything at all.
Marco had been in touch with Recep (said rejep), the owner and manager of Aladaglar Camping Bungalow, around mid-March and unfortunately there wasn’t much snow, which would have made skiing in April difficult. But luckily, a few weeks later, the “bad” weather was back, and it snowed on the mountains of the Aladaglar Natural Park and that’s all we needed to book our tickets.
We were both very happy to go to Turkey, partly because we were finally getting back on a plane to go abroad, and partly because we liked the idea of skiing in Turkey.
Besides, can you really ski in Turkey?
Well, yes. And against all expectations, we were surprised by both the landscape and the temperature. We arrived on the night of April 12th during a snow fall in the village of Marti Mah. And it was also absolutely freezing!
The next morning, we were immediately amazed. In front of us, an enormous mountain range with peaks between 3400 and 3700 meters. We slept at 1500m, in a “flat/hilly” environment, which overlooked these imposing mountains, with a reddish color and vaguely dolomitic conformation.
Our bungalow was small and cozy, and thanks to a wood stove, very warm. We loaded the skis and headed to the Park, where we left the car before starting the portage. Our first destination was Mount Alaça (said alaja) 3565m.
We started walking at just under 1800m. We had decided to take it easy the first day, but we immediately understood easy wasn’t an alternative. Fast and short wasn’t a choice 😉
22km of development and 1700m D+, and we were just getting started!
The landscape was breathtaking. We had seen many photos before leaving but no image did even remotely justice the true charm of this place.
We went up to the Parmakkaya Valley, famous for its monolith which appears as a mix between the Campanil Basso when viewed from the side, and the spire of Goloritzè when viewed from behind.
Just ahead of us are Federico and Manu. Federico is a Piedmontese guide and Manu is a friend of his from New Zealand. We ended up sharing the following day’s excursion with them, on Mount Emler, 3723m.
One thing is certain: trained legs are a must in Turkey!
During the descent we enjoyed the powder from the snowfall the night before. Between videos, photos, and general contemplation of these wild places we arrived at the bottom of the valley at around 4pm. And when I said wild, I meant wild. After a couple of steps, we noticed some animals running off through the trees. It took us a fraction of a second to recognize that they were 4/5 wolves.
The next day we left for the Emler, in the Karayalak Valley, no less fascinating than Parmakkaya. We parked our cars as high as possible and started entering these walls of solid red rock, and yes, another 1700m d+ were expected.
It was just the four of us (and the wolves footprints) in the whole valley. Marco and I both enjoy the company of other people in places like these, although there weren’t many people around.
Everyone walked up/climbed at their own pace, and we met in the last stretch before the top.
I’m not sure which one of the two trips I liked the most, but I can certainly say that the firn skied on here was one of the best, not only of the season, but of all times.
It was almost like a soft and compact velvet with a regularity worthy of a fabric from an haute couture tailor’s shop.
Manu, in addition to having a great passion for ski mountaineering, had a great passion for local food. So, we went to the nearby village of Çamardi (said shamardi), in search of their “local pizza”, the Pidé.
Their pizza was delicious, even if only with cheese (Marco and I are vegetarians). Nothing to envy to our pizza, in flavor, lightness, and even less in size, which you know, after 1700m d+ counts even more 😉 We walked among the shops, mostly small markets and groceries in search of fruit and vegetables. The people were nice and smiled at us. I wondered what they were thinking of us seeing us in all our ski gear. We would have liked to communicate with them, but the language was a very significant obstacle. Finding someone who spoke English was very tricky and therefore we thank Mr. Google Translator for keeping us company throughout the journey. Without him we just wouldn’t have made it!
At Aladaglar Camping Bungalow there was a shared kitchen where guests could cook their own dishes if they wanted. We brought some pasta from home, which cooked with their local spices and vegetables tasted even better.
There was also the possibility of have Recep cook Turkish food, which we eventually did the evening after, and that ended up being the best Turkish food we had in ten days.
Recep and his wife Zeynep are from Istanbul. Two passionate climbers who, after discovering the Aladaglar area and its potential more than twenty years ago, decided to leave the metropolis to come and live in this small village. Recep told us all about his story. I listened and, in the meantime, I tried to imagine what it might have meant to go from living in a city that, at the time, had 12 million habitants and to moving to a small town with perhaps only a few hundred.
Passion, determination, a lot of desire to change your life, improving it and trying to make your dreams come true.
In 2002 Recep and Zeynep left everything they had in Istanbul and move to Cukurbag. They were dedicated to climbing and opening new lines in the nearby Kazikli Canyon and other close areas. He told us that initially the rock didn’t seem too healthy, and therefore they had abandoned the bolting project until people like Maurizio Oviglia and Rolando Larcher learned about these places, opening the most difficult classic route in Turkey. And from then a friendship began as well as a work to enhance the area from a climbing point of view.
Recep started bolting and today there are more than 300 sport routes.
In 2007, Recep started building the first bungalows, and that’s when he and Zeynep began hosting passionate climber.
After twenty years in Aladaglar, Recep says how Kazikli Canyon is considered by them their second home.
If you are reading this article, and you have come this far, do not forget, to go and see the photo gallery because it is worth it.
Fede and Manu returned home. Other guests arrived at the campsite, but with no skis.
We were uncertain on what to do, there were many options and were all very long, and in the meantime the weather, which was initially wintery, suddenly turned to spring, raising the temperatures. The morning departures had to be moved to earlier. We decided to go back to what we had nicknamed “The wolves Valley”, but instead of turning into the Parmakkaya valley we continued straight, heading south/east. Both an advantage and disadvantage thing about this place is that there isn’t much info. Fatmap itself didn’t show many of the names of the peaks that surrounded us, or in some cases, none, so we went by what we saw. Unfortunately, we don’t know the name of the amphitheater where we arrived, but if we thought that the Emler firn was the best, we had not yet skied on this one. It was like flying! The quality of the snow made us forget that we started without a precise peak in mind, and we returned once again to the car with a smile on our face.
The great thing about Turkey is that when plan A, skiing, doesn’t work out, there is always plan B, climbing, and plan C, which involves going to visit some local culture.
After taking full advantage of the good weather, the beautiful snow, and the perfect temperatures for ski touring, we decided to go and get our hands on the Turkish rock. And what can I say, it would have been better to get there with the callus from the end of the season and with a little more muscle in the forearms 😉 the rock was super abrasive, in Kazikli Canyon there was a mix of limestone and conglomerate. The sunset light made the walls seem on fire and made the towering mountains in the background stand out even more. All this just a few kilometers from the campsite.
With a little sadness but also a strong feeling of wanting to return to Turkey, we left the Aladaglar area to start plan C: visit Cappadocia.
We drove up to Goreme during a sandstorm and wind with gusts up to 100km per hour. We will definitely have to come back to see the famous hot air balloons. The towns of Goreme and Uchisar are worth seeing at least once in a lifetime…
Heaps of tuff shaped by lava have become the headquarters of luxurious “cave hotels” and restaurants. The valleys surrounding the Goreme area are a natural show, with these formations called “fairy chimneys”. We spent the day on the trails that went from one village to another, before driving towards Kayseri, where we landed almost week ago, to go for our last ski on the Erciyes volcano.
At the bottom there are lifts and hotels. I find incredible that from the city of Kayseri, which has over a million inhabitants, you can reach the lifts with a freeway, up to 2200m.
We left early because Fede and Manu, who had been here before us, told us that usually by lunch time the top of Erciyes can end up being foggy. The temperature was just perfect, around 0 degrees.
We left immersed in the mists but hoping to see some blue sky as soon as possible. The days before the weather wasn’t great and there was a lot of wind.
With great joy the sky was getting clearer and clearer, and we began to feel the fresh snow under our skis. Despite the proximity to the lifts, there weren’t many people around and the Erciyes was covered by a beautiful layer of fresh snow. On our way up one of the canals that lead to the top, we were already looking forward to the descent. We had to beat the track and we weren’t very fast. In the meantime, the clouds that until now had remained low were starting to rise quickly and in no time, we were in the middle of the fog. Unwillingly, we knew the right decision to make. Less than 200 meters from the top we turned back. It was suddenly very warm, and the combination of snow potentially blown from the wind and the heat was not great. And plus, it was foggy. What was nice powder snow quickly turned into wet and heavy snow in just 20 minutes.
We still managed to do some nice skiing and, from time to time, when the clouds opened for a couple of seconds, looking back, we appreciated the place where in.
We sat on a rock just above the arrival of the lifts. We had a drink and summed up this trip to Turkey. Everything went great. We had the pleasure of meeting Recep and his affectionate and sincere welcome to the charming Aladaglar. We enjoyed the company of Fede and Manu and it was lovely to share a few days with them, we enjoyed the food and a small part of what we could grasp of Turkish culture. And last but not least, we were able to appreciate the snow and rock of these places as wild as they are real.
And here is the question: “would you go back to Turkey”? “Absolutely yes”.
If like us, you would like to come (or go back) to Turkey, send us an email to avventuriamocitutti@gmail.com.
For the next winter season Marco will organize a ski mountaineering trip taking inspiration from the wonderful adventures he has just experienced.
Questo coinvolgente articolo con la sua splendida galleria fotografica sono il completamento perfetto allo stupendo video.. 👏🏻👏🏻🔝💪
Fantastico, foto molto ispirate!
Quest’anno non metterei mai via gli sci….