Selvaggio Blu
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Ormai organizzarsi all’ultimo momento direi che è diventata parte integrante dell’inizio delle nostre avventure. Dunque ci risiamo. Brutto tempo e temperature assolutamente non primaverili sparse per quasi tutto il nord Italia. C’è ancora voglia di sciare, ma il richiamo della roccia inizia a fare capolino dall’uscio della porta di quest’inverno, rimasto (e tutt’ora ancora) aperto, per molti mesi.
Abbiamo qualche giorno libero causa lavori rimandati per il mal tempo. Perché non andare in Sardegna? L’anno scorso avevamo fatto le prime tre tappe del Selvaggio Blu (in una tirata unica in giornata) e abbiamo lasciato i conti aperti con le ultime tre, che oltre ad incuriosirci, saranno anche meta lavorativa di Marco per fine ottobre. Alziamo il telefono e lanciamo questa proposta un po’ indecente, come tempistiche si intende ;), a Marta e Diuz. “Noi andiamo in Sardegna, partiamo domani! Venite?!”
Ed ecco che il team alta Val Susa è pronto per ricongiungersi in terra sarda. Ci vediamo a Livorno e ci chiediamo cosa abbiamo fatto nei giorni passati. In realtà poco o niente, essendo passati meno di 4 giorni da quando ci siamo salutati dopo la loro gita dolomitica! Ci imbarchiamo felici, fa quasi strano vedersi in vesti quasi estive, e senza sci e scarponi al seguito.
Il selvaggio Blu mi affascina. Mi stupisco di come, nella costa più famosa e turistica della Sardegna, sia rimasta una zona così selvaggia. Non è una ripetizione, è proprio la parola giusta: selvaggia. Non ci sono segnavia, non ci sono sentieri ben marcati. Non c’è nessun punto di ristoro tra una tappa e l’altra. Più di 50 km con svariate migliaia di metri di dislivello, 5 (o 6) notti da passare sotto un’infinità di stelle, incredibili tratti sui campi slavati, calate sul blu del mare sardo, migliaia di possibilità di perdersi anche dopo pochi minuti e, soprattutto, quando si è convinti di essere “ormai” sulla strada giusta.
La parte che mi sembra più complicata, o forse dovrei dire delicata, ovviamente dopo quella di trovare la retta via, è il fatto di organizzarsi bene con cibo, acqua e cambi. Da quando lasceremo Cala Goloritzè, punto di inizio delle nostre tappe, non avremmo più modo di tornare indietro, o di aggiungere qualcosa che ci siamo sbadatamente dimenticati. Prepariamo meticolosamente le sacche e gli zaini con il materiale già diviso per i prossimi giorni, cercando così di viaggiare il più leggeri possibile durante il giorno.
La nostra idea è di prendere il percorso “nuovo”, quello che si affaccia sul mare, con la ferrata nel grottone. Fatichiamo a trovarne l’attacco ma in neanche 4 ore arriviamo a Ispuligedenie, dove siamo soli, e ci godiamo il freddo mare sardo.
Mangiamo e ci prepariamo per la nottata. Per me è la prima volta che dormo fuori sotto le stelle. Senza tetto e senza tenda! Osservo il cielo passare da un azzurro intenso fino al blu notte, dapprima con poche stelle, poi con miliardi di puntini luminosi sopra di noi. Siamo entusiasti e ci addormentiamo con il rumore delle onde nelle orecchie, felici nei nostri sacchi a pelo.
La seconda tappa è la più lunga, e la prendiamo decisamente sotto gamba. Partiamo relativamente con calma, forti del nostro allenamento e dei pochi metri di dislivello, e anche dall’aver ricevuto come sorpresa mattutina la traccia gps di questa tappa. Che si rivelerà poi essenziale. Senza questa probabilmente non avremmo mai raggiunto Biriala. Percorso magnifico e vario, da creste a campi slavati passando per scale di ginepro, calate, grottoni, passaggi scavati nella roccia e di nuovo, migliaia di possibilità per perdersi. Anche con la traccia. Ah, e anche un’ora e mezza di stop forzato in una grotta causa pioggia. A cala Biriala ci arriveremo poi 10 ore dopo, giusto in tempo per mangiare, lavarsi con l’acqua salata, e preparasi per il giorno dopo.
L’indomani la nostra meta è Cala Sisine, che segna la fine del Selvaggio Blu. Rispetto a ieri questa tappa ci sembra una passeggiata di salute! Sole, sentiero quasi (e sottolineo quasi) ovvio, qualche calata, un po’ di ferrate, ma tutto sommato fila via liscia come l’olio.
Tre giorni lunghi, ma che alla fine ci sono volati. Se le prime tre tappe mi erano piaciute queste mi sono sembrate davvero spettacolari, condite da paesaggi unici e da tratti più alpinistici. In perfetto stile avventuriamoci tutti!
Al nostro rientro mancano ancora due giornate e decidiamo, finalmente, di mettere le mani sulla roccia sarda.
Imbraghiamo Diuz e Marta. Diuz tanto è a suo agio con due sci ai piedi, quanto non gli piace la sensazione di essere appeso in parete! E così splittiamo i team, Diuz con Marco, così da farlo sentire il più tranquillo e sicuro possibile, ed io con Marta! Scaliamo su Pedra Longa, che vista la stagione ancora prematura, troviamo con poca gente. La roccia sarda non delude e ci gustiamo la vista della baia e di punta Giradili da lassù.
Il nostro cerchio si chiuderà proprio dove è iniziato, a Cala Goloritzè, dove Marco ci porterà in cima a Sole Incantatore.
NB! Se anche voi vorreste avventurarvi tutti nel Selvaggio Blu, ci sono sei posti disponibili per la settimana che va dal 18 al 24 di ottobre. Scriveteci ad avventuriamocitutti@gmail.com per maggiori info.
Noooo, ma che cose strafighe che fate sempre! Paesaggi meravigliosi e foto stupende dove oltre alla bellezza dei paesaggi riuscite a catturare anche tutta la vostra carica di simpatia! Bello bello bello bello … complimenti a tutti e 4!
Ciao marco quest anno lo rifai? Sai già le date? Mi piacerebbe molto farlo con Tito! Mi fai sapere?
Grazie
Alessandra